giovedì 20 gennaio 2011

Un Venerdì nero...

Lo so, oggi non è venerdì, oggi è giovedì ok, Venerdì, quello con la miauscola, quello nero, sono io. Ieri sera mi sono ritrovato nella mia poltrona a riflettere sugli ultimi fatti di “cronaca”, avevo la mia famiglia intorno ma per un attimo, un bruttissimo attimo mi sono sentito solo, maledettamente solo. Stavo riflettendo sull’oceano di ipocrisia che in questi giorni ci sta sommergendo, riflettevo su tutte quelle facce di bronzo che si presentano in TV a ripetere tutti le stesse menzogne, a difendere “l’indifendibile”, una alzata di scudi senza la minima vergogna, utilizzando ogni stratagemma, in una strategia ben orchestrata da qualcuno che conosce alla perfezione i meccanismi mediatici, e mi sono sentito solo. La solitudine mi ha assalito quando in mente mi sono balenati i versi di Totò: "a morte o ssàje che d’è? E’ na livella!" Mi sono sentito solo di fronte alla consapevolezza che non c’è giustizia in vita, ma solo dopo la morte, forse, e che certe persone la sfangano sempre, che certe persone hanno sempre una via di uscita, una villa ad Hammamet o un villa città ad Antigua dove rifugiarsi nel caso in cui qui non dovessero più sostenere il peso delle loro vergognose nefandezze. Mi sono sentito solo, si, perché adesso per salvare il Premier, si farà passare l’assunto che al telefono si possono sparare cazzate, e con questo anche le intercettazioni che aiutano a inchiodare i boss mafiosi diventeranno inattendibili, perché anche loro avranno il diritto di fare i gradassi al telefono. Mi sono sentito abbandonato dallo Stato, anzi mi sono sentito solo di fronte all’assenza del senso di Stato che trasuda da certi personaggi, che sbattono fuori a calci in culo dal loro partito chiunque sia anche solo sospettato di aver combinato casini (con la minuscola), ma che sono disposti a continuare a sostenere Berlusconi a prescindere, ad ogni costo, nonostante ogni abominio, purché loro possano raggiungere il loro scopo di un federalismo che, ormai è evidente, interpretano solo come un inizio di separazione, il seguito verrà dopo, e poi chi cazzo se ne frega. Mi sono sentito solo di fronte allo strapotere dei leccaculo di professione e anche per diletto che fanno i signorini (con la maiuscola), di quelli che sono a libro paga da molto prima della discesa in campo e vogliono farci credere che il loro sia un parere obiettivo, di chi guarda da un’altra parte e che obbliga anche noi a guardarci, perché di certi tempi una puntata di Porta a Porta su Sara Scazzi, seguita da un’altra sul Papa, vuol dire proprio che siamo in mano al Grande Fratello di Orwell. Mi sono sentito solo, si, e quel verso di Totò continua a rimbombarmi in testa, perché il Grande Fratello, ormai possiamo chiamarlo così, la sfangherà anche stavolta, sia con la politica e forse anche con l’anagrafe, perché è evidente che la morte deve essere scesa a patti con lui, oppure deve fargli talmente schifo che preferisce lasciarlo qui tra noi. E allora cazzo se mi sento solo…

3 commenti:

Minerva ha detto...

Per quanto può valere, non sei solo a sentirla così. Sono circondata da persona parimenti sconcertate - quella è la parola - perché la situazione è apocalittica, oltre ogni possibilità di commento. E non so cosa fare, perché non ho più strategie di resistenza e opposizione personale alla sofferenza che tutto questo mi/ci causa: il clima, l'ambiente, l'aria, il paesaggio sonoro - ormai tutto è avvelenato e inquinato. Non ho neanche mai avuto alcun reale potere, se non esistere, essere me stessa, avere una vita che non è questa, bensì è pura, pulita, sana, vera, solidale - tutte le cose che non ci sono più (nella politica quato nella società civile la cui cultura è stata dalla politica e dalla società dello spettacolo anestetizzata e uccisa), o forse non ci sono mai state ma prima venivano coperte meglio, eravamo nell'ignoranza e vivevamo in un'illusione che ci permetteva d'essere noi stessi senza respirare, appunto, tanto inquinamento. Io non so più cosa fare, perché anche sopravvivere, quotidianamente, senza farsi toccare, è diventato un atto disperato di resistenza. Ma sono sempre più stanca, e più fragile, e sento che tutto questo mi sta uccidendo veramente. Vorrei spegnere il mondo intorno, e danzare nella mia vita. Quella che mi stanno togliendo. Ma ormai non so più come proteggerla, e come proteggermi. Meno male che ancora c'è una rete di amici, e almeno non sono e non mi sento così sola nella mia disperazione. Ma come possiamo farcela? Io voglio farcela. E' la mia/nostra vita, che mi/ci stanno togliendo. Un bacio.

Venerdi Sushi ha detto...

Minerva amica mia, ti stavo rispondendo, poi mi sono accorto che la mia risposta assomigliava più a un post che a un commento...

Minerva ha detto...

Allora, come sempre, aspetto il tuo post
[possibile che ti ispiri così tanto? :-)].